Il calcio è come una sedia

La Tattica: argomento spinoso da trattare, soprattutto qua in Italia, dove siamo tacciati di grande tatticismo sin dai tempi del famoso “Catenaccio”, argomento di cui parlerò in un’altra occasione.
Nelle chiacchierate che facciamo tra amici o tra tecnici, ci troviamo spesso a parlare della tattica utilizzata dagli allenatori delle squadre del nostro campionato di serie A tanto da sentirci tutti allenatori.
Fantastico, perché emergono cose assurde, nel bene o nel male, anche idee fantastiche, perché no?
Ma se ci guardiamo intorno vediamo che ci sono campionati più divertenti e in primis quello spagnolo, la Liga, e quello britannico, la Premier League, che anche personalmente mi affascina tantissimo e scopro che la tattica lì non è la priorità … ma perchè?
Sono giunto alla conclusione che i giocatori di calcio sono uomini e non pedine degli scacchi o magneti su una lavagna tattica, SONO PERSONE.
Non bisogna demonizzare la scelta di un modulo rispetto ad un altro, perché è il vestito che una squadra si mette addosso.
Basti pensare a Gasperini che del suo 1-3-4-3 / 1-3-4-1-2 ne ha fatto quasi un mantra grazie alla sua esperienza e alla sua grande capacità di sperimentare, provare e innovare il nostro calcio, portando la tattica al servizio del gioco e non il contrario, ma …

— Passo alla modalità “Il Calcio che vedo e che vorrei fare io” —

Per me ci sono dei fondamentali indispensabili che se mancano generano difficoltà e parlo soprattutto di:
– preparazione atletica;
– tecnica individuale;
– tecnica collettiva;
– princìpi.

Queste per me sono le quattro gambe della sedia senza le quali si va per terra.
Poi però ci aggiungo la “personalità” e il “carattere” che sono la “seduta” e lo “schienale”.
Quando guardo una partita di Premier vedo molta preparazione atletica, grinta, ma anche tecnica individuale (stop, controllo, controllo orientato, ecc….) e tecnica collettiva (uno-due, carico-scarico, filtranti, appoggio, ecc…).
Aggiungo i princìpi che sono la base che permette ai giocatori di essere “pensanti” cioè di essere se stessi, di ragionare, capire, improvvisare e trovare una soluzione a quell’attimo di gioco.

Far capire ai propri giocatori le proprie idee senza ingabbiarli e farli sentire a disagio, ma al contrario stimolandoli dando loro la possibilità di interpretare liberamente quello che si chiede di ottenere.
Non si possono ignorare le peculiarità e le caratteristiche dei singoli, ma le si devono esaltare nella direzione corretta e più utile al gioco di squadra.
Diversamente un Maradona non sarebbe mai emerso.
L’importante è l’equilibrio giusto tra individualità e collettività che può sbilanciarsi in determinate situazioni per poi tornare nel giusto bilanciamEnto, ma comunque EQUILIBRIO !!!!


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